Tributi erariali diretti - Accertamento delle imposte sui redditi - Accertamenti e controlli - Poteri degli uffici delle imposte - Indagini bancarie ex art. 32 d.p.r. n. 600 del 1973 - Operazioni del contribuente su conti correnti di terzi |
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La sussistenza dello stretto vincolo familiare fra il contribuente e il terzo non è un dato sufficiente per assurgere a prova presuntiva qualificata delle riferibilità, in tutto o in parte, al contribuente accertato delle movimentazioni del conto corrente intestato al familiare, occorrendo che tale vincolo sia accompagnato dalla indicazioni di altri elementi, il cui onere di allegazione è a carico dell'Ufficio, idonei a dimostrare, in via logico-presuntiva, che la situazione reddituale del coniuge terzo intestatario del conto è incompatibile o, comunque, non può giustificare le movimentazioni riscontrate sul conto che, per tale ragione, può fondatamente ritenersi nella disponibilità effettuale del contribuente accertato. |
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Il fatto Una società ricorre per cassazione avverso la sentenza con cui la Commissione tributaria regionale della Toscana aveva rigettato l’appello proposto nei confronti dell’Agenzia delle entrate contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Grosseto, che aveva rigettato il ricorso proposto dalla suddetta società avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Amministrazione, previo PVC della G.d.F., aveva contestato nei confronti di quest’ultima, per l’anno 2009, a seguito di indagini finanziarie, maggiori ricavi non dichiarati, ai fini Ires, Irap e Iva, in relazione a motivazioni bancarie risultate ingiustificate riscontrate sui conti correnti intestati al legale rappresentante, alla sua convivente e alla socia. La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.
La questione Al vaglio dei giudici di legittimità la questione della riferibilità al contribuente delle movimentazioni risultate ingiustificate riscontrate sui conti correnti dei suoi familiari. Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, in tema di accertamento dell'imposta sui redditi, le verifiche fiscali finalizzate a provare, per presunzioni, la condotta evasiva possono riguardare anche i conti bancari intestati al coniuge o al familiare del contribuente, potendo desumersi la riferibilità a quest'ultimo da elementi sintomatici, quali: il rapporto di stretta familiarità, l'ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di imposta considerato, l'infedeltà delle dichiarazioni e l'esercizio di attività da parte del contribuente compatibile con la produzione della maggiore redditività riferita a dette persone (Cass. n. 546 del 15/01/2020).
Il ricorso Parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 32, primo comma, n. 2 del D.P.R. n. 600 del 1973, 51 n. 7 del D.P.R. n. 633 del 1972 per avere la CTR confermato la legittimità dell'avviso in questione con il quale erano stati ascritti alla società maggiori ricavi non dichiarati in relazione alle movimentazioni risultate ingiustificate sui conti correnti intestati, tra l'altro, alla convivente del legale rappresentante, alla socia, sebbene l'Amministrazione non avesse fornito la prova della fittizietà della intestazione dei suddetti conti e della sostanziale riferibilità degli stessi alla società.
La decisione La Sezione V della Suprema Corte ha affermato che la sussistenza dello stretto vincolo familiare fra il contribuente e il terzo non è un dato sufficiente per assurgere a prova presuntiva qualificata delle riferibilità, in tutto o in parte, al contribuente accertato delle movimentazioni del conto corrente intestato al familiare, occorrendo che tale vincolo sia accompagnato dalla indicazioni di altri elementi, il cui onere di allegazione è a carico dell'Ufficio, idonei a dimostrare, in via logico-presuntiva, che la situazione reddituale del coniuge terzo intestatario del conto è incompatibile o comunque non può giustificare le movimentazioni riscontrate sul conto che, per tale ragione, può fondatamente ritenersi nella disponibilità effettuale del contribuente accertato (Cass. 20 dicembre 2018, n. 32974; Cass. 12 dicembre 2023, n. 34747, Sez. 5, Ordinanza n. 20816 del 2024).
In conclusione Non è conforme ai principi di diritto innanzi richiamati l’accertamento che estende l'indagine bancaria nei confronti del convivente del rappresentante legale della società ogniqualvolta manchi la verifica dell'esistenza, nell'anno d'imposta al quale si riferisce l'accertamento, di uno stabile legame affettivo di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale tra questi ultimi (si veda, ora l'art. 1, comma 36, della L. 20 maggio 2016, n. 76) (v. Cass. sez. 5, Ordinanza n. 13505 del 2020) che potesse giustificare - unitamente ad altri elementi (Sez. 5, Ordinanza n. 20816 del 2024) - tale estensione. Occorre anche precisare che sul regime di distribuzione dell’onere probatorio, previsto, in materia di accertamento bancario, dall’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, non è destinato ad incidere il nuovo comma 5-bis dell’art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto dall’ art. 6 della legge n. 130 del 2022, secondo il quale «L’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l'atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l'atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l'irrogazione delle sanzioni. Spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati.». Secondo, infatti, il principio affermato dalla Suprema Corte «In materia di giudizio tributario, il nuovo comma 5-bis dell’art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto dall’ art. 6 della l. n. 130 del 2022, secondo cui il giudice deve valutare la prova “comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale”, non si pone in contrasto con la persistente applicabilità delle presunzioni legali che, nella normativa tributaria sostanziale, impongano al contribuente l’onere della prova contraria» (Cass. n. 2746 del 30/01/2024). La nuova previsione normativa non ha, quindi, inciso sulla disciplina delle presunzioni legali, quali quelle previste in materia di accertamenti bancari, ma si è limitata a disciplinare una regola di giudizio e di valutazione della prova, a cui deve attenersi il giudice tributario, stabilendo che se la prova, anche presuntiva, che deve fornire l’Amministrazione finanziaria (quando ne è onerata), manca o è contraddittoria o insufficiente, il giudice deve annullare l’atto impositivo. Si tratta di norma avente chiara natura sostanziale, poichè, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, sono tali le norme che, come quella in esame, consistono in regole di giudizio la cui applicazione ha una diretta ricaduta sulla decisione di merito, di accoglimento o di rigetto della domanda, mentre hanno carattere processuale le disposizioni che disciplinano i modi di deduzione, ammissione e assunzione delle prove (ex plurimis, Cass. n. 18912 del 17/07/2018). Ne consegue che, non avendo l’art. 8 della legge n. 130 del 2022 (“Disposizioni transitorie e finali”) previsto una diversa decorrenza della disposizione in esame, la stessa si applica ai giudizi introdotti successivamente al 16 settembre 2022 (data di entrata in vigore della legge n. 130 cit.). |
Orientamenti Giurisprudenziali |
Conformi: Cass. civ., 20/12/2018, n. 32974; Cass. 2/7/2020, n. 13505; Cass. 12/12/2023, n. 34747; Cass. 25/7/2024, n. 20816. Non conformi: non si rinvengono precedenti |
Rif. normativi |
DPR 29/09/1973, n. 600, art. 32; DPR 29/09/1973, n. 600, art. 39, comma 2; Cod. Civ., art. 2697 |
Dati sentenza |
Cass. civ., Sez. V, Ord., (data ud. 28/02/2025) 21/03/2025, n. 7583 |
Redattore: Cons. De Matteis